Dal Ghana a Castel Volturno, passando per il Sahara: il racconto del lungo viaggio di Appiah

Quella di Appiah è una delle tante storie, ognuna unica e ugualmente importante, di immigrati che hanno viaggiato sfidando la morte per cambiare vita, alla ricerca di un futuro migliore.

Appiah è un giovane ghanese arrivato in Italia nel 2007 affrontando un viaggio estenuante attraverso il Burkina Faso, il Niger, il deserto del Sahara e la Libia e il suo viaggio rappresenta una delle tante storie di immigrati che arrivano nel nostro Paese.

Oggi lavora nel Centro Fernandes, una struttura che accoglie immigrati a Castel Volturno, una cittadina in provincia di Caserta, dove quasi la metà degli abitanti è straniera.

Quella di Appiah è una storia simile a quella di tanti ragazzi che si spostano dal loro Paese per cercare un lavoro o perché, in casi ancora più estremi, per scappare da una guerra in corso. Ma la storia di questo ragazzo è il racconto di chi ha sfidato il destino per cercare una vita migliore e ce l’ha fatta.

Lo abbiamo incontrato quando abbiamo visitato il Centro Fernandes e abbiamo avuto modo di fare una lunga chiacchierata per ripercorrere il suo viaggio e le motivazioni che l’hanno spinto ad arrivare in Italia.

Appiah, qual è il tuo paese di origine e com’è iniziato il tuo viaggio verso l’Italia?

«Sono ghanese e sono venuto in Italia nel 2007.

Quando ero in Ghana, andavo a scuola, però per continuare la scuola avevo bisogno di soldi per pagare. Allora un mio amico mi ha detto che se fossi andato in Libia avrei potuto trovare un lavoro per guadagnare un po’ di soldi e poi sarei tornato indietro per continuare l’università. 

Quando ho cominciato il viaggio per arrivare in Libia ho incontrato molte difficoltà perché in Ghana abbiamo il confine con il Burkina Faso, poi dal Burkina Faso sono andato in Niger e poi in Niger dove c’è il deserto del Sahara.
Ho trascorso quasi un mese nel deserto, che è una cosa molto pericolosa per arrivare in Libia:
eravamo quasi una quarantina e durante il viaggio sono morte alcune persone.

storie di immigrati
Il viaggio di Appiah per raggiungere la Libia

In Ghana quando siamo partiti non eravamo in tanti, però arrivando in Niger, dove si prendono le auto per attraversare il deserto, c’è un posto dove ci si riunisce. Lì c’erano diversi gruppi di persone, non solo ghanesi ma anche nigeriani, persone del Burkina Faso. Allora siamo arrivati in Algeria, ai confini dell’Algeria, e ci hanno detto di scendere e camminare per un po’ e saremmo arrivati in Libia, invece non era vero!

Abbiamo camminato per quasi 5 giorni a piedi, senza l’acqua, senza mangiare.

Allora chi non è riuscito a camminare è morto. Grazie a Dio sono riuscito ad arrivare in Libia, ma appena sono arrivato ai confini della Libia mi hanno arrestato, senza un motivo, e mi hanno messo in prigione.

Ho trascorso quasi 3 mesi in prigione prima di uscire, se tu guardi ho anche delle macchie dovute al fatto che loro mi picchiavano sulla schiena, allora ho fatto tanti sacrifici per lasciare la città dopo tre mesi.»

Come sei riuscito a scappare dalla prigione quando era in Libia?

«La prima prigione in Libia si trovava a Ghat, là ho trascorso un mese, e dopo un mese mi hanno portato a Sabha dove ho trascorso due mesi; da lì, tra quelli che vengono a dare a mangiare, a dare i panini, uno mi disse che aveva un telefono nascosto: ho preso il telefono, ho pagato qualche soldo per lui.
Ho chiamato mio fratello in Africa per dirgli che mi avevano arrestato, che ero in prigione senza fare una cosa cattiva.
Gli chiesi di parlare con l’ambasciatore di Ghana che era in Libia, e lui parlò con l’ambasciatore del Ghana e l’ambasciatore chiese 350 dollari, così sarebbe venuto dentro al carcere e mi avrebbe fatto uscire.

Mio fratello non avendo i soldi li ha cercati in famiglia, tra gli amici e poi li inviò all’ambasciatore del Ghana che venne dentro la prigione una notte, e mi ha fatto entrare nel cofano della macchina e appena uscimmo fuori dal campo mi disse: “ho finito il mio lavoro, il resto vedilo tu”. E mi ha lasciato andare.

storie di immigrati
Storie di immigrati: Appiah ha viaggiato dal suo Paese (il Ghana) per raggiungere l’Europa.

Poi ho lavorato un poco in Libia per guadagnare un po’ di soldi, però lì ci sono tante difficoltà per mandare soldi nel mio Paese, perché in Libia non c’è democrazia e non puoi andare in posta e mandare i soldi in Africa.

Poi se qualcuno ti fa una qualcosa di male non puoi fare una denuncia perché appena loro vedono che hai la pelle nera ti arrestano e ti mettono in galera. Non è facile anche guardare le persone, le donne, tu non puoi guardare le donne, perché loro sono tutte coperte in testa… Ho visto che non è facile vivere là.
Puoi anche lavorare per guadagnare soldi ma per mandare soldi è un problema.
Per mettere soldi in tasca, per camminare, quando ci vede la polizia, ci arresta, ti mettono in galera e ti prendono i soldi.

È un Paese in cui non c’è libertà di vivere, allora uno dice “perché noi andiamo in Italia?!”. Perché abbiamo visto che ci sono tanti amici che vanno in Italia. Però per arrivare in Italia bisogna passare il mare, e per passare il mare ho visto tante persone che morivano col barcone e io avevo paura di andare vicino al mare, perché non ero mai sono stato al mare e quindi questa è una cosa che viene in mente e quindi come si fa a vivere così? bisogna andare avanti o tornare indietro?

Ho deciso di andare avanti e di vedere come sarebbe cambiata la vita.

Poi dopo 7-8 mesi che ho lavorato lì per trovare un po’ di soldi, abbiamo pagato 1500 dollari per prendere il barcone.

Abbiamo preso il barcone nel 2007, il primo ottobre, il mare era mosso. Siamo partiti in 49 persone, sono passati 3-4 giorni per raggiungere Lampedusa. È stato un po’ pesante, è stato un viaggio proprio brutto. Siamo arrivati a Lampedusa, poi da Lampedusa ci hanno messo in un campo dove racconti la tua storia per la commissione. Sono stato a Lampedusa 2-3 giorni, poi mi hanno portato a Siracusa per un mese: lì ti danno da mangiare, ti danno tutto, non come in Libia quando stavo in galera senza niente.

Poi mi hanno portato a Caltanissetta, anche là sono stato due mesi e ho parlato alla commissione e mi hanno dato il foglio di via, 5 giorni e dovevo andare via. Poi da lì mi sono diretto a Napoli, perché loro mi dissero che siccome avevo il foglio di via non potevo arrivare a Milano oppure Torino, altrimenti mi avrebbero arrestato. E allora qualcuno mi ha detto vai a Napoli perché lì è più tranquillo, anche se non hai documenti tu puoi stare lì e sono arrivato a Napoli, sono stato a Castel Volturno quasi 11 anni. In realtà ho passato tante cose, ho visto tante cose, in tutti questi 11 anni a Castel Volturno.

Poi mi sono occupato del gruppo ghanese che vive a Castel Volturno come mediatore culturale e ho cercato di aiutare le persone che hanno bisogno di tradurre le parole in italiano. Io non parlo bene l’italiano però sono riuscito a imparare un pochino meglio rispetto ad altri e ho cercato di aiutarli.  Allora grazie al Centro Fernandes mi hanno detto vieni a lavorare insieme e sono venuto qui a lavorare con loro.»

Vorresti tornare nel tuo Paese oppure restare in Italia?

«Un giorno voglio tornare nel mio Paese e fare tutto quel che ho imparato qui e insegnare a loro.

Da quando sono qui ho cercato di imparare tante cose e le cose che ho imparato bisogna che io le insegni agli altri. Per esempio, noi che abbiamo imparato qualcosa qui e potremmo creare una piccola cosa che possa essere utile per loro, per far crescere, perché in Africa da uno che stava in Europa e torna loro pensano che ha imparato qualcosa, ed è meglio che non tieni tutto per te ma che insegni alla mia famiglia, alle persone che hanno bisogno della mia esperienza in Ghana.»

Quindi in Ghana hai la tua famiglia…

«Sì,  ho la mia famiglia, gli amici. C’è tutto.»

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