Com’è cambiato il lavoro del giornalista durante l’emergenza COVID-19? Alcune riflessioni

Una chiacchierata con Vinicio e Manuel, della redazione di AvellinoToday, su com'è il lavoro del giornalista durante il coronavirus e su come cambierà dopo.

In un periodo di sovraccarico informativo da notizie relative all’emergenza da coronavirus che stiamo vivendo, mi sono chiesta come si possa sentire un giornalista che si occupa di temi legati all’attualità nel dover riportare quotidianamente resoconti e informazioni sull’argomento.

Mi sono domandata come si fa a reggere questo carico di notizie (che, tra l’altro, sono per lo più negative) da leggere, rielaborare e pubblicare in numero considerevole ogni giorno di questo lungo isolamento.

E, ancora, come si fronteggiano le numerose domande dei cittadini che cercano dai giornalisti le risposte che non riescono ad avere direttamente dalle istituzioni?

Qualcuno potrebbe rispondermi che come per tanti altri lavori, alla fine un po’ ci si abitua, si impara ad avere un certo distacco, ma ho pensato a un amico che fa proprio questo lavoro, Manuel Merolla, e gli ho chiesto se gli andasse di dedicarmi qualche minuto per discuterne insieme, raccontandomi il ruolo del giornalista durante il coronavirus, specie di un giornalista che si occupa di cronaca locale.
Nella nostra chiacchierata abbiamo coinvolto anche Vinicio Marchetti, che con Manuel lavora per AvellinoToday, ricoprendo il ruolo di responsabile provinciale di testata.

Come si svolgeva una giornata di lavoro per Vinicio e Manuel prima del COVID-19?

Abbiamo iniziato la nostra conversazione parlando di come si svolgeva una normale giornata lavorativa per loro due prima di questo periodo e di come siano cambiate le cose ora.

«Tutto è cambiato», ha riposto Vinicio.

«Non c’è nulla di simile rispetto a come lavoravamo prima. Abbiamo sempre avuto l’abitudine di seguire gli eventi sul posto, di lavorare molto on the road, facendo video, riprese, dedicandoci soprattutto al seguire il territorio in prima persona. Farlo da casa, h. 24, è snervante, chiaramente snervante, perché non dà le stesse sensazioni a chi è abituato a fare giornalismo di inchiesta o interviste al microfono».

Vinicio Marchetti
Vinicio Marchetti durante il lavoro sul luogo dell’incendio di Pianodardine (Avellino) di settembre 2019.

Se tutto è stato stravolto dall’isolamento, il lavoro per chi fa questo tipo di giornalismo era comunque già cambiato anche nel periodo immediatamente precedente a esso. Sia Vinicio che Manuel, per esempio, mi hanno raccontato di quanto sia stato strano fare interviste tenendosi a distanza dall’intervistato o dover fronteggiare situazioni che li mettevano continuamente in allerta, con conferenze o interventi organizzati dalle istituzioni anche nel giro di pochi minuti o di poche ore.

«Noi ci siamo sempre stati – aggiunge Manuel – per documentare quelle che erano le cose che avvenivano sul territorio e ci siamo tuttora, anche in questa situazione un po’ particolare in cui purtroppo siamo obbligati a lavorare da casa e, come diceva anche Vinicio poc’anzi, a volte è snervante dover lavorare assiduamente tutti i giorni dovendo rimanere però sempre tra le mura di un appartamento.»

Com’è cambiato il lavoro del giornalista durante il coronavirus?

«Sicuramente noi continuiamo a fare il nostro lavoro ma lo facciamo in modo diverso», ci dice Vinicio, sintetizzando quanto le cose siano cambiate per un giornalista durante questo periodo.

Manuel, Vinicio e Giuseppe in una videochiamata di redazione.
Manuel, Vinicio e Giuseppe in una videochiamata di redazione.

Infatti anche se loro, come altri giornalisti, ricevono le notizie prima degli altri – e, per usare le parole di Vinicio, sotto questo punto di vista sono “fortunati” perché le comunicazioni arrivano direttamente dall’ASL, dall’Ospedale Moscati di Avellino, dalle istituzioni in generale, come una sorta di «canale preferenziale per poter magari capire meglio cosa sta succedendo» –, si trovano comunque nelle stesse condizioni di isolamento di tutti. «Come tutti, siamo segregati in casa – aggiunge –, possiamo fare la spesa una volta a settimana, possiamo fare poco o niente rispetto a quello che facevano prima. Perciò riuscire a vivere questa situazione con un piglio professionale distaccato è sempre molto difficile perché le persone vogliono sapere in continuazione cosa sta accadendo».

Va però sottolineato che anche se lo spazio dedicato alle notizie relative al COVID-19 su AvellinoToday sono numerose, per comunicare con costanza aggiornamenti in tempo reale e dati statistici, non vengono comunque trascurate le altre notizie.

«Riteniamo che sono proprio le altre notizie di cronaca che possono aiutarci a non dimenticare che comunque la vita prosegue. Nessuno deve tralasciare o dimenticarsi il lavoro che ha sempre fatto e cerchiamo di farlo anche noi, nel nostro piccolo.»

Manuel aggiunge anche che «per quanto possa sembrare paradossale – perché magari uscendo e vivendo la città sul posto si potrebbero impiegare più ore facendo interviste, servizi video, reportage – la mole di lavoro adesso è sicuramente aumentata […] sia in termini di numero di notizie e di articoli che pubblichiamo sia in termini di ore, […] però dal punto di vista motivazionale, visto che il nostro obiettivo è quello di informare al meglio i lettori, questa è una cosa che non ci spaventa».

Cosa vi manca del rapporto di redazione e come lo gestite anche ora?

Ovviamente sia a Vinicio che a Manuel manca molto il modo in cui hanno sempre svolto il loro lavoro prima di questo periodo. Il giornalista durante il coronavirus deve abituarsi a tutta una serie di cose che sono state già riportate in precedenza, come il rinunciare alle interviste video e il non poter vivere il territorio in prima persona, recandosi “sul posto della notizia“.

Vinicio e Manuel con Giuseppe Cesareo, altro collaboratore di Avellino Today
Vinicio e Manuel con Giuseppe Cesareo, altro collaboratore di Avellino Today, durante uno dei momenti di lavoro insieme.

Ma nella loro Redazione, dove i rapporti non sono solo quelli tra colleghi quanto piuttosto tra amici, quel che manca è anche il potersi incontrare quotidianamente, vedersi per la riunione del mattino e muoversi insieme per eventi, conferenze, convegni, interviste. Entrambi, comunque, mi raccontano che anche in questa situazione continuano ad aggiornarsi ogni giorno, attraverso videochiamate e messaggi, ridendo, scherzando e sostenendosi pure a distanza.

Cosa avremo imparato nel post isolamento e come cambierà anche il vostro modo di lavorare?

Quando chiedo come pensano saremo cambiati post isolamento e dopo aver superato, più in generale, questa emergenza e il pericolo del coronavirus, Manuel riflette su alcuni segnali positivi sul territorio irpino che danno una speranza per il futuro.

«La cosa che mi fa stare da un certo punto di vista più “tranquillo” è la grandissima gara di solidarietà che si sta svolgendo tra associazioni, privati, cittadini, che stanno donando tantissimo a tutti gli ospedali dell’Irpinia […] Questo genere di cose ci fa capire anche quanto sia forte la voglia di notizie positive e la voglia di un ritorno al vivere una vita normale – ritorno che sarà sicuramente graduale e non sarà immediato –. C’è questa voglia di voler fare in modo che questa emergenza si risolva il prima possibile».

Però, aggiunge ancora Manuel, dopo questa emergenza dovremmo anche imparare a come limitare e affrontare sin da subito un problema e dovrebbero farlo sia i cittadini, sia le istituzioni, sia i mass media:

«siamo nel 2020 e la tecnologia e la scienza possono aiutarci a fronteggiare qualsiasi tipo di problema, ma la tecnologia e la scienza possono fare poco se gli essere umani non sanno utilizzarli e non sanno calcolare le tempistiche utili.»

Non si possono evitare le notizie – concordano ancora entrambi –, non si può continuare a credere che qualcosa che succede lontano da noi non sia un nostro problema e che non abbia nessuna possibile conseguenza anche qui, nel nostro Paese. Sia Manuel che Vinicio ci hanno raccontato infatti di come le persone quando venivano riportate le notizie dei primi contagi in Cina e poi in Italia commentassero che si stava facendo allarmismo, come se non volessero leggere o far parte di un problema che avevano già percepito come molto grave ma che erroneamente consideravano essere lontano.

Intervista Vinicio e Manuel
Vinicio Marchetti e Manuel Merolla durante la videointervista con la nostra autrice Pina Meriano.

«La speranza che io ho – aggiunge Vinicio – è che le persone abbiano una maggiore consapevolezza di cosa vuol dire affrontare un problema da vicino, perché noi, facendo questo lavoro, siamo stati sempre abituati a prendere il taccuino, la penna, la telecamera e correre sul posto se succedeva qualcosa ed è quanto faremo anche in seguito, però io ho sempre riscontrato – in Italia, soprattutto, e direi che questo problema è emerso con tutta la sua forza con il coronavirus –, che noi siamo troppo abituati a guardare ai problemi come a qualcosa di lontano da noi: è successo così con gli attentati dell’ISIS, è successo con le guerre ed era successo anche con il COVID-19 quando era un problema legato solo alla Cina.» E conclude con una riflessione:

«se questo non avverrà vorrà dire che avremo perso il nostro tempo, che saranno morte inutilmente un sacco di persone, che sono stati contagiati migliaia di italiani e noi, come al solito, abbiamo tappato le orecchie e non avremo imparato niente.»

Insomma, se è vero che tutto è cambiato in questo periodo, dal lavoro a ogni altro più piccolo aspetto della quotidianità – e questa conversazione con Manuel e Vinicio ci restituisce un quadro molto chiaro di quanto lo sia anche per un giornalista di cronaca locale –, quel che non si può non sperare è che tutto cambi anche dopo, specie nel modo di approcciarsi alle notizie e agli altri, con più spirito riflessivo e vicinanza.

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