L’arcipelago caraibico che è anche culla di una cultura indigena fiera e tenace: le isole San Blas di Panamà e i Guna Yala

Al largo della costa orientale del Panamà c’è un arcipelago, quello delle isole San Blas, che non è ricco solo di natura incontaminata ma anche di storia e tradizioni, quelle dei fieri indigeni Guna Yala.

«È l’organizzazione del nostro tour alle San Blas, dicono che sulla costa c’è cattivo tempo e vogliono sapere se partiamo lo stesso!». Con ogni probabilità, se qualcuno vi dicesse di aver organizzato per voi una piccola gita in un arcipelago di isole caraibiche ancora abitate perlopiù da indigeni, l’ultima cosa che vi aspettereste è un servizio meteo via WhatsApp e in tempo reale.

Eppure, sì, il modo più pratico per visitare le isole San Blas di Panamà è prenotare una piccola crociera che parte dal porto di Cartì, sulla costa orientale del Panamà, e vi fa ritorno in giornata dopo aver fatto sosta su un paio delle circa quattrocento isole dell’arcipelago e, per farlo, mantenersi in comunicazione costante, via mail o via messaggi istantanei appunto, con uno dei tanti tour operator locali.

Una delle prime cose di cui vi accorgerete, del resto, è che nella Comarca de Guna Yala, di cui le San Blas fanno parte, non c’è attività economica e redditizia che non sia gestita direttamente dalle popolazione indigene.

Isole San Blas di Panamà: un paradiso caraibico da visitare con responsabilità e rispetto per gli indigeni

La popolazione Guna non sembra avere, infatti, un buon rapporto con il governo centrale del Panamà: c’entrerebbero questioni antiche, risalenti all’epoca delle prime invasioni spagnole del Paese, quando questi indigeni vennero cacciati dalla costa su cui abitavano sulle isole che, fin lì, erano state rifugio soprattutto di pirati e corsari sicuri di trovare tra la folta vegetazione della zona e spersi sui numerosi atolli rifugio da chi li cercava per assicurarli alla giustizia.

Una curiosità
Ancora oggi quasi ciascuna delle isole dell’arcipelago ha una sorta di capo villaggio la cui autorità è in qualche misura riconosciuta dal governo della terraferma e c’è un capo Guna che risiede sull’isola di Acuadup (letteralmente, «isola della roccia»).

Di questa antipatia verso il governo centrale, comunque, vi accorgerete a pelle per tutta la vostra permanenza nella Comarca e sulle isole San Blas di Panamà. Non importa che abbiate già passato controlli, dogana e pagato un’apposita tassa di soggiorno per la vostra vacanza nel Panamà, una volta superato il confine della Comarca di Guna Yala, un ufficiale Guna vi ricontrollerà documenti e bagagli e vi chiederà un obolo per la permanenza.

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Ai viaggiatori che cercano di entrare nella Comarca di Guna Yala è chiesto, alla dogana, di esibire i documenti e pagare una sorta di tassa di soggiorno. Foto: Virginia Dara

A proposito di cose che non ci si aspetterebbe su un’oasi di natura immersa nel Mar dei Caraibi, dopo quella di telefonini e smartphone, potrebbe stupirvi l’onnipresenza del denaro.

Lo stesso Guna che vi ha avvertito in mattinata che il cattivo tempo minacciava la vostra gita alle San Blas potrebbe apprezzare una generosa mancia per farvi imbarcare per primi sulla plancia (una delle imbarcazioni tipiche che dal porto di Cartì conducono i turisti alle isole più vicine alla Costa) o per farvi trovare per pranzo il tipico almuerzo a base di aragosta bollita e patacón (platano fritto).

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Una “plancia”, la tipica imbarcazione che i Guna Yala utilizzano per trasportare i turisti dal porto di Cartì alle isole San Blas.  Foto: Virginia Dara
Un suggerimento
Al momento di partire, un po’ di arte della contrattazione aiuta ad assicurarsi il posto migliore, quello da cui si possono scattare foto in tranquillità al paesaggio o dove si soffre meno il mal di mare.

Una delle prime avvertenze che potreste vedervi rivolgere una volta arrivati in territorio Guna è, tra l’altro, di non provare in alcun modo a fotografare gli indigeni, inquadrandone il volto soprattutto, senza aver prima chiesto loro il consenso: vedendovi tirare fuori la macchina fotografica potrebbero avvicinarvisi chiedendo del denaro in cambio dello scatto.

Da gesto stizzito quale era, tra l’altro, questa sembra essere diventata ormai una sorta di prassi: fermi a guardare una delle tante bancarelle di artigianato locale, potrebbe capitarvi che un Guna – o, più frequentemente, una Guna –  in abiti tipici vi si avvicini chiedendovi bonariamente e sorridente cinque dollari per una foto ricordo.

Soprattutto le donne Guna Yala vestono ancora spesso in abiti tradizionali. Immancabili le molas, quadrati o rettangoli di tessuto colorato e con fantasie che ricordano flora e fauna del posto, e grossi bracciali e gambali di perline colorate. Foto: Virginia Dara

Potrebbe sembrarvi una pratica decisamente poco etica e, da europei abituati a turisti che al massimo desiderano fotografare il portone di casa vostra (specie se è il portone di un palazzo storico), e non di certo la vostra faccia, potrebbero passarvi per la mente innumerevoli discorsi sulla mercificazione del sé.

Provando a chiacchierare un po’ con le persone del posto ci si rende conto bene, invece, delle loro vere motivazioni: i turisti stranieri hanno portato soldi e ricchezza nell’arcipelago, che fino a non molto tempo fa viveva tradizionalmente di raccolta e commercio di noci di cocco, ma hanno anche creato problemi di sovraffollamento delle isole a cui, non di rado, ne sono seguiti di inquinamento. Non sorprenderà, così, che il più grande gesto d’amore per il caribe e di rispetto per gli indigeni sia il suggerimento di qualche guida coscienziosa di riportare indietro con voi i rifiuti che avrete prodotto durante il vostro soggiorno alle San Blas.

Un consiglio
Per parlare con la popolazione locale meglio lo spagnolo: l’inglese, infatti, alle isole San Blas di Panamà è parlato quasi esclusivamente da chi lavora nel turismo o nel commercio.

Capita, inoltre, che soprattutto i turisti occidentali siano guardati con sospetto dalla popolazione locale per un passato recente in cui giungevano nell’arcipelago attratti soprattutto dalla possibilità di fare turismo sessuale, cosa che rese per un periodo la Comarca una delle zone con più alta incidenza di AIDS di tutto l’istmo.

Se anche non si volesse tenere conto di questa versione dei fatti, basta pensare a come la forte incidenza del turismo abbia già in parte trasformato la morfologia delle isole San Blas: interi atolli sono stati riconvertiti in resort di lusso, con tanto di altalene di corda e photo booth con foglie di palma in perfetto stile Instagram, tanto che al solo avvicinarvisi con la plancia si potrebbe avere l’impressione di essere ovunque tranne che in uno sperduto lembo di sabbia a largo della costa orientale del Panamà.

Una precisazione
Delle quasi quattrocento isole dell’arcipelago San Blas, solo alcune sono liberamente visitabili dai turisti. Su alcune si trovano resort di lusso, che in qualche caso rischiano di far somigliare questo paradiso caraibico a una qualunque meta tropicale. Altre isole sono riservate a vita e attività economiche delle popolazioni indigene.

A guardare bene, insomma, sembra che i Guna abbiano trasformato, nel tempo, l’iniziale sospetto e una sorta di antipatia verso i turisti nell’estremo tentativo di far pagare loro ogni singolo momento, ogni singola esperienza della loro permanenza nell’arcipelago.

Delle quasi quattrocento isole dell’arcipelago San Blas, solo alcune sono visitabili dai turisti. Foto: Virginia Dara

Che gli indigeni delle isole San Blas di Panamà siano persone estremamente pratiche e spicce, del resto, per tornare al messaggio WhatsApp con cui è iniziata questa gita nell’arcipelago, abbiamo modo di accorgercene dalle reazioni alla nostra proposta di rinunciare alla traversata in plancia. Il mal tempo non durerà molto una volta che ci saremo allontanati dalla costa, dicono, e, in effetti, anche durante la stagione delle piogge la posizione delle San Blas garantisce loro riparo dalle abbondanti piogge tropicali.

come si arriva alle san bals panama
Dal porto di Cartì, sulla costa occidentale del Panamà partono ogni giorno imbarcazioni dirette alle isole San Blas. Foto: Virginia Dara

Abbiamo fatto tutta quella strada per arrivare fin lì da Panama City, aggiungono, e sarebbe un vero peccato arrendersi così vicini dalla meta: come dar loro torto se si considera che per raggiungere la costa Guna in auto dalla capitale dello stato del Panamà si è costretti a percorrere lunghi tratti di strada non sempre agevoli, per lo più poco frequentati e davvero ostici per chi soffre di mal d’auto; paesaggi e flora, però, ripagano abbondantemente la sofferenza.

strada per raggiungere porto Cartì panama
La strada che da Panama City, la capitale del Panamà, conduce al porto di Cartì è lunga e in alcuni tratti piuttosto tortuosa. Foto: Virginia Dara

In più la plancia e il suo equipaggio non possono perdere ancora tempo: ci sono uova, latte e altri beni di prima necessità con cui rifornire le isole; le imbarcazioni turistiche, infatti, trasportano ogni giorno ogni genere di viveri di cui abitanti e turisti possono aver bisogno.

Rilassarsi al sole caraibico delle San Blas e fare acquisti che fanno bene alla cultura Guna Yala

Qualche ritrosia iniziale, comunque, è ampiamente ripagata dalle bellezze naturalistiche e paesaggistiche delle isole San Blas di Panamà.

La sabbia finissima e bianca, l’acqua cristallina che, man mano che ci si allontana dalla battigia, degrada verso il blu e, ancora, le palme e le poche costruzioni originali in paglia rendono esattamente quell’idea da cartolina dei Caraibi.

A poche decine di metri dalla costa si può nuotare in una piscina di stelle marine – ma avendo cura di non sollevarle mai dall’acqua, per evitare danni permanenti – o avvicinarsi a vecchi relitti di imbarcazioni e, se si è fortunati, vedere un indigeno impegnato a manovrare un cayucco, la tipica canoa scavata in un tronco di legno.

come vivono i guna yala
Un tipico cayuco. Foto: Virginia Dara
Una curiosità
Avvistare un indigeno in cayucco non è molto difficile poiché essi si spostano spesso da un’isola all’altra: la dimensione ridotta di ciascuna isola, infatti, fa sì che non si possano concentrare molte attività sulla stessa. Alcune isole dell’arcipelago, però, sono riservate alla popolazione e non accessibili ai turisti.

Solo qualche metro più al largo, è un vero paradiso per gli amanti dello snorkeling.

Anche rilassarsi al sole, sulla spiaggia bianca, è una buona idea, soprattutto per gli amanti della tintarella.

Un'avvertenza
Se volete rilassarvi al sole fate attenzione, però, che il sole caraibico può scottare anche senza che si abbia mai l’impressione che la temperatura sia troppo alta.

Comprare un souvenir di viaggio durante la visita alle San Blas, invece, è un modo concreto per dare una mano all’artigianato locale: è vero, infatti, che i manufatti dei Guna Yala si trovano un po’ ovunque nel Paese, anche al Mercato dell’Artigianato di Panama Viejo per esempio, ma acquistarli direttamente sulle isole fa sì che nessuna percentuale del ricavato vada perduto.

L’oggetto tipico di questo arcipelago sono le molas: rettangoli di tessuto colorato, con motivi geometrici o decorazioni floreali o a forma di animali che richiamano flora e fauna tipiche della zona. Per gli indigeni sono un forte simbolo di appartenenza: le donne Guna, al contrario degli uomini che si sono più facilmente adattati allo stile di vita occidentale, non disdegnano di vestire quotidianamente in abiti tradizioni e indossano le molas al posto delle gonne, abbinate a tradizionali camicette bianche e foulard colorati da attorcigliare in testa, completando il look con vistosi gioielli di perline (per pochi dollari, proprio a proposito, c’è in quasi ogni isola un Guna disposto a ricoprirvi braccia o gambe con i tradizionali fili di perline intrecciati in un disegno geometrico).

Per chi volesse fare shopping sulle isole San Blas, le tradizionali “molas” si trovano dappertutto (e a prezzi decisamente vantaggiosi rispetto a quelli che hanno in città) e lo stesso vale per i colorati gioielli Guna Yala. Foto: Virginia Dara

Il costo delle molas varia considerevolmente: quelle con disegni e fantasie geometriche sono le più tradizionali e hanno, per questo, un prezzo generalmente superiore. Non provate, però, a contrattare: i Guna sono molto abili in questo senso e, soprattutto, hanno raggiunto negli anni una sorta di accordo  tra venditori in modo che la concorrenza non svalutasse troppo il prezzo di prodotti che, prima che artigianali e caratteristici, hanno un forte valore politico e identitario. I motivi delle molas, infatti, ricordano i tatuaggi di cui gli indigeni erano soliti ricoprirsi il corpo prima che la colonizzazione occidentale e le missioni religiose facessero cadere in disuso la pratica, oltre che essere state per molto tempo segno della resistenza a chi tentava di imporre il vestire all’occidentale, soprattutto a scuola e tra le ragazze.

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